La certezza nei rapporti tra fisco e contribuente
L’incertezza sul fronte fiscale, come più in generale qualunque tipo di incertezza, del resto, frena la crescita economica: gli investimenti vengono differiti, o diretti altrove.
Si consideri altresì che la certezza dei rapporti con i contribuenti è il primo passo per recuperare la fiducia dei cittadini.
Un sistema tributario “amico” non può quindi prescindere da regole certe nei rapporti tra fisco e contribuenti.
Tale obiettivo potrebbe realizzarsi elevando a norma di rango costituzionale il c.d. Statuto dei diritti del contribuente, costruendo un nucleo di principi certi e indisponibili dal potere legislativo. In tal senso, sarebbe anche auspicabile l’istituzione di una autorità autonoma e indipendente, munita di effettivi poteri d’impulso nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, che vigili sulla corretta applicazione delle norme fiscali.
Occorrerebbe altresì compiere un ulteriore sforzo nel processo di semplificare degli adempimenti fiscali, anche mediante la minimizzazione degli adempimenti documentali richiesti ai contribuenti. Un fisco che richieda molti adempimenti e trasmissioni di informazioni di cui non è evidente la finalità produce costi amministrativi eccessivi e genera errori e disaffezione nei contribuenti.
Per conferire un maggior grado di certezza al sistema fiscale sarebbe inoltre auspicabile una maggiore sistematicità nella produzione normativa, anche attraverso la creazione e il costante aggiornamento di Testi Unici.
Anche gli interventi volti a definire in termini positivi dell’istituto dell’abuso del diritto e dell’elusione, l’istituzione della c.d. cooperative compliance e degli ISA, la revisione degli interpelli, insieme alla riforma del diritto penale tributario e delle sanzioni amministrative, sono del resto rimedi tesi a conferire un maggiore livello di certezza del sistema.
L’adeguata applicazione dei suindicati criteri e la verifica dei rispettivi risultati necessiterà ovviamente una costantemente attività di monitoraggio e adeguamento.
Il rilancio della funzionalità dell’amministrazione in senso cooperativo
Il buon funzionamento del sistema dei tributi e il successo di una qualsiasi ipotesi di riforma fiscale positivamente percepita dai contribuenti dipendono, in buona parte, anche dal corretto funzionamento dell’amministrazione finanziaria nelle varie fasi del rapporto con i contribuenti.
Un fisco “amico” richiede essenzialmente che il rapporto tra amministrazione finanziaria e contribuente sia improntato su basi cooperative, piuttosto che repressive, maggiormente ispirate al confronto continuo, soprattutto in fase di verifica. In tale ambito, sostanzialmente, andrebbe riaffermata la presunzione di non colpevolezza con piena consapevolezza del fatto che non tutti i contribuenti sono evasori.
Con l’introduzione degli “ISA”, che non integrano una mera rivisitazione aggiornata degli studi di settore, si è passati da un sistema di controlli ex post delle dichiarazioni, che colpivano in modo massivo tutti i contribuenti, alla individuazione ex ante di coloro che sono affidabili, i quali sono premiati mediante l’esonero da alcuni adempimenti e l’agevolazione nei rimborsi, e di coloro che, invece, avendo un basso indice di affidabilità, saranno invitati a regolarizzare anomalie prima di presentare la dichiarazione, così da evitare futuri accertamenti e sanzioni.
Sebbene i primi dati disponibili evidenzino risultati positivi in termini di gettito, occorre ancora adeguare lo strumento per renderlo più preciso, efficace e, in ogni caso, adeguatamente contestualizzato alla fattispecie concreta.
L’impostazione sopra descritta è quella di un fisco rigoroso, maggiormente aperto al confronto, che invece di procedere in modo repressivo e generalizzato, sia capace di individuare con analisi precise i contribuenti infedeli, incalzarli con rilievi puntuali che li spingano a dichiarare di più e, se del caso, punirli con accertamenti efficaci, in grado di reggere il contenzioso. Un fisco consapevole che non tutti i contribuenti sono evasori, non tutti sono da perseguire allo stesso modo, da assoggettare agli stessi controlli ed adempimenti. Occorre sapere discriminare tra i contribuenti disonesti e gli onesti, che vanno incoraggiati.
Un sistema basato su un dialogo ex ante, su una maggiore interlocuzione tra amministrazione e contribuenti potrebbe evidentemente dare migliori risultati rispetto a un sistema basato solamente sulla repressione ex post e sulla moltiplicazione degli adempimenti.
D’altro canto, un sistema basato su accertamenti induttivi automatici, sulla moltiplicazione degli adempimenti, su atteggiamenti eccessivamente punitivi verso alcune categorie di contribuenti porterebbe a reazioni opposte. A forme estese di erosione fiscale, che di fatto legalizzano l’evasione, nonché ai condoni.
Il ruolo funzionale del fisco nell’attività di contrasto all’evasione
Al buon funzionamento dell’amministrazione finanziaria nelle varie fasi del controllo, dell’accertamento, del trattamento sanzionatorio, del contenzioso e della riscossione è strettamente legato l’eventuale successo delle misure volte al contrasto dell’evasione.
Come già rilevato, invero, la continua oscillazione tra repressione massimalistica da un lato e, dall’altro, compiacenti riferimenti al «fisco amico», alla «pace fiscale», alla concessione di esenzioni, agevolazioni e condoni impedisce al fisco italiano di trovare una «normalità» e, quindi, di approdare a sistemi di contrasto all’evasione rigorosi ma «civili».
La manovra di bilancio per il 2020 ha rafforzato le sanzioni penali tributarie, ha cioè puntato sulla deterrenza. Un’efficace opera di contrasto all’evasione richiede però un’azione più ampia.
In primo luogo, occorre accrescere la funzionalità delle agenzie fiscali, consentendo di uscire dalle carenze organizzative, in primo luogo di reclutamento e inquadramento di quadri e dirigenti che si è innescata dopo la nota sentenza della Corte Costituzionale.
Occorre poi cogliere tutte le opportunità offerte dalla fatturazione elettronica, dall’annunciata dichiarazione IVA pre-compilata, dalla lotteria dello scontrino e dagli ISA, utilizzando al meglio le banche dati e incrociando le informazioni con quelle sui versamenti.
In tale ambito occorrerà tuttavia evitare controlli massivi e automatizzati in forza dell’utilizzo meccanico di banche dati informatizzate, cui far seguire meccanicamente accertamenti automatici o presuntivi, che prescindano dalla doverosa valutazione delle specifiche circostanze ricorrenti nel caso di specie.
La lotta all’evasione, invero, deve essere fondata anche e soprattutto sull’azione non massiva ma casistica di controllo e verifica svolta da un’amministrazione fiscale altamente professionalizzata, capace di selezionare i contribuenti «a rischio» e di entrare in contraddittorio con loro già in fase di verifica, dotata di informazioni e strumenti analitici che consentano di perseguirli con strumenti giuridici e tecnici solidi.
Si evidenziano, al riguardo, le potenzialità offerte dalla fatturazione elettronica, dalla lotteria dello scontrino, da modalità più efficienti di contrasto alle frodi, dall’affinamento di strumenti come la cooperative compliance e gli ISA, volti a favorire l’adeguamento spontaneo dei contribuenti e da cui può scaturire un diverso e più corretto rapporto tra fisco e contribuenti.
La riforma della Giustizia Fiscale e del sistema penale
Un altro presupposto imprescindibile per un sistema fiscale amico è la riforma della giustizia tributaria.
La riforma della giustizia fiscale è all’ordine del giorno. Al riguardo, deve registrarsi una diffusa convinzione che la professionalità e la specializzazione del corpo giudicante debbano essere migliorate. Sarebbe altresì necessario riformare le regole del processo tributario, al fine di garantire la terzietà del giudice tributario e, più in generale, la concreta applicazione dei principi del giusto processo e della parità delle armi, analogamente a quanto avviene negli altri ambiti giudiziari.
Una riforma dell’attuale ordinamento tributario nel senso sopra indicato non potrebbe nemmeno prescindere dalla revisione del sistema penale tributario, nel cui ambito andrebbe certamente adeguato il coordinamento tra sanzioni amministrative e penali.
A questo proposito permane infatti una certa insoddisfazione, di recente acuita dall’introduzione della confisca per sproporzione, nei confronti dell’attuale “sovrapposizione” del processo tributario e del processo penale e delle rispettive misure sanzionatorie.
In particolare, andrebbe opportunamente rimeditato il rapporto di completa indipendenza tra l’accertamento dell’evasione fiscale e l’accertamento della sua rilevanza penale.
E’ possibile, ad esempio, che un procedimento penale, innescato da una notitia criminis, si instauri e si definisca a danno del contribuente anche senza che l’Amministrazione finanziaria abbia effettivamente avanzato una pretesa tributaria nei suoi confronti.
Le due indagini – tributaria e penale – sono sempre state e restano tuttora del tutto “sganciate” l’una dall’altra e possono svilupparsi in modo del tutto indipendente, separato e autonomo, al punto che gli organi di verifica fiscale, in presenza di rilievi che superano determinate soglie quantitative, possono inoltrare – e anzi, ritengono di essere tenuti a inoltrare – la notitia criminis al giudice penale anche a prescindere dall’esistenza degli elementi tipizzanti una fattispecie di reato e, soprattutto, anche a prescindere da una pretesa impositiva formalizzata in un atto di accertamento.
D’altro canto, alla chiusura, con eventuali sanzioni, dell’accertamento amministrativo può accompagnarsi la prosecuzione del processo penale.
Al fine di recuperare un rapporto di fiducia con i contribuenti occorrerebbe un’adeguata riflessione anche in tale contesto, nel cui ambito, sarebbe dunque auspicabile un intervento sul citato “doppio binario”, da eseguire anche alla luce del noto principio del “ne bis in idem”.
Lo stesso livello delle sanzioni amministrative, poco graduato in funzione dell’entità delle irregolarità e in generale piuttosto elevato, richiede sostanzialmente un riesame, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia europea nonché di quella della CEDU sulla natura “afflittiva” delle sanzioni.