Le ipotesi di didattica mista prospettate per gestire la scuola il prossimo anno scolastico vengono qui analizzate alla luce del recente documento OCSE Learning remotely when schools close: How well are students and schools prepared? Insights from PISA[1]
Di Fulvio Oscar Benussi
Secondo la ministra dell’istruzione Lucia Azzolina: “A settembre si tornerà sui banchi di scuola e si seguiranno le lezioni per metà del tempo in classe e per metà online. Ma senza raddoppi o smembramenti: gli alunni che restano a casa seguiranno le lezioni con i loro compagni ma collegati al computer. E si alterneranno nei posti sui banchi, nel corso della settimana, per evitare l’affollamento nelle scuole.”[2]
La “didattica mista” illustrata in questi termini dalla ministra sembra sostanziarsi in un ritorno alla “vecchia scuola” che come ha scritto Licia Landi[3] <<altro non è che la trasmissione agli studenti a casa “di quello che l’altra metà della classe fa in presenza”. In altre parole, gli studenti a casa non potranno fare altro che assistere passivamente, come spettatori, a lezioni che, per finire il “programma” e per ragioni pratiche di gestione della classe, moltissimi docenti imposteranno (quasi) esclusivamente in modo frontale>>. [4]
Didattica blended
L’impostazione di una didattica blended, che possiamo tradurre in “didattica mista”, è una modalità di erogazione delle lezioni che prevede l’affiancamento di una piattaforma digitale alla didattica tradizionale in presenza e ha come obiettivi:
- consentire il passaggio di materiali didattici in formato digitale aperto dai docenti agli studenti,
- fare svolgere agli studenti attività didattiche da soli o, più spesso, in gruppo
- favorire forme di comunicazione e cooperazione a distanza tra studenti.
- permettere forme di comunicazione (consulenza) con i docenti
Una didattica di questo tipo potrebbe favorire l’acquisizione da parte degli studenti, e operando con alcune attenzioni anche degli alunni, delle nostre scuole di alcune importanti competenze e soft skill fondamentali per la formazione dei futuri cittadini.
Per valutare se la scuola italiana sia pronta a integrare la didattica tradizionale con una didattica che sappia cogliere le opportunità di apprendimento che il digitale può offrire in questo articolo faremo riferimento a quanto emerge dal documento OCSE Learning remotely when schools close: How well are students and schools prepared? Insights from PISA.
Secondo OCSE la crisi legata a Covid-19 ha colpito quando la maggior parte dei sistemi educativi coinvolti nell’ultimo round PISA[5] dell’OCSE non erano ancora pronti per avvalersi delle opportunità di apprendimento offerte dal digitale.
Nelle nostre istituzioni educative, grazie all’impegno profuso con il PNSD che, negli anni, ha coinvolto nella formazione al digitale moltissimi docenti[6] avremmo dovuto avere, grazie all’integrazione nella didattica curricolare di quanto appreso dagli insegnanti nei corsi di formazione seguiti, studenti e alunni preparati all’apprendimento on line. Ciò sarebbe dovuto avvenire grazie all’esperienza maturata a scuola in percorsi didattici laboratoriali, dove il digitale si sarebbe integrato con le attività didattiche ordinarie supportando l’apprendimento. Attività didattiche “ponte” utili all’evoluzione da un insegnamento tradizionale a un insegnamento che integrasse sapientemente le risorse digitali e che avrebbe anche dovuto ridurre il digital divide eventualmente presente tra gli studenti.
Così non è stato, come indicato in vari feedback forniti dai genitori e pubblicati in riviste settoriali[7] e come risulta dal documento OCSE[8]. Nel documento l’Italia, relativamente alla domanda: “gli insegnanti hanno le competenze tecniche e pedagogiche necessarie per integrare i dispositivi digitali nelle lezioni?”, risulta molto sotto la media OCSE: è al 70 posto su 77 Paesi considerati (vedere figura 4 del documento OCSE)[9].
Il futuro dell’insegnamento: verso un’integrazione tra didattica in presenza e didattica a distanza
Il futuro della didattica di cui qui proveremo a ipotizzare la struttura e i possibili sviluppi era già stata praticata prima dell’emergenza covid da alcuni docenti innovatori. Faccio qui riferimento a quelle esperienze di didattica in classi virtuali o su piattaforme di Q&A[10]; di esercitazioni webquest o di ricerca e predisposizione di presentazioni da svolgere in classe; della didattica fondata sulla modalità della flipped lesson; di esercitazioni di media education, ecc.
Queste esperienze avevano una comune premessa: per realizzarle il docente doveva ex ante progettare l’attività didattica predisponendola ad hoc per la classe, svolgere l’attività con gli studenti ed ex post valutarne i risultati in vista di una rielaborazione, restyling o addirittura di una progettazione ex novo dell’attività.
Attività didattiche con queste caratteristiche se, come è auspicabile, si diffonderanno nella didattica post covid presupporranno quindi una specifica attività di progettazione e di realizzazione di materiali prodotti a cura del docente che superino “la dipendenza”, spesso “totalizzante”, da quanto offerto dal libro di testo.
Un possibile percorso
Dal test PISA 2018 è emerso che “le pratiche scolastiche più comuni intese a migliorare l’apprendimento attraverso l’uso di dispositivi digitali sono state:
- discussioni periodiche tra presidi e insegnanti sull’uso di dispositivi digitali a scopi pedagogici (il 63% degli studenti ha frequentato scuole che lo fanno);
- aver prodotto, come scuola, regole scolastiche sull’uso dei dispositivi digitali (62% degli studenti);
- avere un programma specifico per preparare gli studenti a un comportamento responsabile nell’uso di Internet (60% degli studenti).
Nel nostro Paese da qualche anno vengono svolti regolarmente interventi relativi alla prevenzione del cyberbullismo (punto 3) e sono presenti regolamenti, diversamente estesi, sull’uso dei dispositivi digitali dei laboratori scolastici (punto 2).
Il primo punto invece ci risulta poco presidiato. Nell’articolo: “Lorenzo Benussi: “Las escuelas italianas con mayor reflexión pedagógica han afrontado mejor la crisis”[11] riguardo alla didattica a distanza nel tempo del coronavirus L. Benussi[12] afferma: -La scuola classica è in crisi da molto tempo e il virus ci sta insegnando una lezione drammatica e indimenticabile. Disponiamo di una tecnologia migliore, ma non c’è stata una profonda riflessione pedagogica. La nostra Fondazione ha rilevato che le scuole, che stanno meglio affrontando la crisi, sono quelle che hanno fatto questa riflessione. Invece la maggior parte delle scuole italiane sta facendo le stesse lezioni e attività didattiche di sempre, sebbene utilizzi formati online-.[13]
Per il favorire l’approfondimento pedagogico sarà fondamentale il coinvolgimento dei dirigenti scolastici nell’attivazione di riflessioni in occasione di Collegi dei docenti e riunioni di dipartimento sulle condizioni e le attenzioni da avere nell’utilizzo di dispositivi digitali a scopi didattici.
A riguardo va però segnalato che relativamente alla domanda “Gli insegnanti hanno tempo sufficiente per preparare lezioni che integrino l’utilizzo di dispositivi digitali?” Come si può vedere in figura 5 del documento OCSE[14], l’Italia si colloca sotto la media OCSE e complessivamente al 55 posto su 77 Paesi considerati.
[1] OCSE, 2020, Learning remotely when schools close: How well are students and schools prepared? Insights from PISA, https://read.oecd-ilibrary.org/view/?ref=127_127063-iiwm328658&title=Learning-remotely-when-schools-close&utm_source=Adestra&utm_medium=email&utm_content=Read%20More&utm_campaign=OECD%20Education%20%26%20Skills%20Newsletter%3A%20April%202020&utm_term=demo
[2] Scuola, alunni a settembre metà in classe e metà online. Azzolina: «Mai parlato di doppi turni», Il Messaggero, 2-5-2020, https://www.ilmessaggero.it/scuola/virus_scuola_quando_riparte_settembre_azzolina-5204179.html
[3] Licia Landi è Docente a contratto di Tecnologie didattiche nell’Università degli Studi di Verona, ricercatrice didattica, consulente e formatrice.
[4] https://www.linkedin.com/posts/licialandi_scuola-alunni-a-settembre-met%C3%A0-in-classe-activity-6662629747324919808-rN3o
[5] Programma per la valutazione internazionale degli studenti
[6] Ci scusiamo, ma non siamo in grado di essere più precisi sul numero dei docenti che complessivamente hanno seguito i corsi del PNSD. Abbiamo cercato il dato in Internet senza riuscire a reperirlo, non è presente nemmeno nei dataset resi disponibili nell’Open data “Portale Unico dei dati della scuola: https://dati.istruzione.it/opendata/
[7] Ecco due testimonianze tratte dagli articoli poubblicati dalla rivista Orizzonte scuola di cui sono indicati i link:
“vorrei far presente la situazione di “scuola online” che viviamo in famiglia. Ho due figli, entrambi alle scuole superiori, e sto vivendo due situazioni completamente opposte. Mia figlia, 3° liceo linguistico, alle 8 deve essere al PC e termina alle 13, fa esattamente tutte le ore e al pomeriggio compiti su compiti. La vedevo di più quando andava a scuola! Mio figlio invece, 5° liceo artistico quindi maturità, nessuna lezione online solo attribuzione di compiti senza spiegazioni e valutazioni inferiori perché è interrogato da casa…
Come al solito, si pensa di riempire gli alunni come contenitori vuoti, e purtroppo la bocca dell’imbuto sta sempre dalla stessa parte. Eccoci allora di nuovo a improvvisarci insegnanti, maestri, docenti, tra compiti e videolezioni che assorbono il 70% della giornata: e le spiegazioni? E la dialettica? E l’inclusione? E l’empatia?
[8] vedere nota 1
[9] Le infografiche e i brani tratti dal documento e inseriti nell’articolo non sono stati tradotti dall’OCSE e non devono perciò essere considerati traduzioni ufficiali dell’OCSE. L’OCSE non è responsabile per alcun contenuto o errore in queste traduzioni.
[10] Question and answer, ad esempio la piattaforma: https://piazza.com/
[11] Rodrigo Santodomingo, “Lorenzo Benussi: “Las escuelas italianas con mayor reflexión pedagógica han afrontado mejor la crisis” Magisterio, 12 de mayo de 2020, https://www.magisnet.com/2020/05/lorenzo-benussi-las-escuelas-italianas-con-mayor-reflexion-pedagogica-han-afrontado-mejor-la-crisis/
[12] Lorenzo Benussi, Laura Magistrale in Communication and PhD in Economics of Innovation is Chief Innovation Officer at Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo where he develops projects and policies to promote innovation in education
[13] Il brano tratti dall’articolo di Magisterio è tradotto a nostra cura e non è quindi una traduzione ufficiale
[14] Vedere nota 1