“L’utopia è come l’orizzonte: cammino due passi, e si allontana di due passi. Cammino dieci passi, e si allontana di dieci passi. L’orizzonte è irraggiungibile. E allora, a cosa serve l’utopia? Serve per continuare a camminare” Eduardo Hughes Galeano
Di Angelo Deiana
Siamo ad un punto cruciale di questa fase della Storia dell’umanità. Malgrado ci siano cambiamenti positivi e sorprendenti dei modi in cui viviamo e lavoriamo, l’impatto economico e tecnologico della logica flessibile e dinamica della Rete e la velocità evolutiva della trasformazione digitale stanno generando un cambiamento talmente grande da scatenare paura, ansie, incertezze sul futuro. Anche a causa del Covid19.
Non c’è da stupirsi. Tutti i cambiamenti (tanto più quelli derivanti da una pandemia globale) generano ansia perché le persone sono abituate a lavorare, pensare e gestire la propria vita per format, schemi, abitudini.
D’altra parte, questo è il nostro modo di “automatizzare” informazioni e comportamenti: in altre parole, a renderci più facile la vita. È dunque comprensibile che esistano timori e preoccupazioni: sono una parte normale dell’adattamento alla trasformazione evolutiva che stiamo vivendo, ed a quella di integrazione digitale che ci attende nel futuro prossimo venturo.
In ogni caso, una logica di fondo deve essere chiara. Siamo sopravvissuti e abbiamo prosperato quando i treni hanno sostituito i carri e le auto i cavalli. Quando la radio e la televisione hanno portato l’informazione direttamente nelle nostre case. Quando i computer ed i cellulari sono entrati nella nostra vita. Insomma, siamo sopravvissuti. Sopravviveremo anche quando gli algoritmi entreranno nel nostro corpo.
Un’immagine troppo radicale? Forse, ma ricordate Matrix? In passato pensavamo che fosse il virtuale, la “matrice”, la sfera in cui i nostri corpi e le nostre menti si sarebbero immerse totalmente prendendo congedo dalla realtà. Non era del tutto sbagliato: succederà ma sarà solo un cambiamento marginale. Perché? Perché nel futuro prossimo a scomparire non sarà l’uomo, ma la tecnologia. Non il reale, ma il virtuale.
E non perché non ci potranno essere tecno-simulazioni della realtà nelle quali si potranno giocare nel futuro. E nemmeno perché le tecnologie non influiranno più nelle nostre vite. Al contrario, esse saranno talmente integrate con le nostre percezioni da diventare impalpabili e onnipresenti.
E renderci nuove persone: non gli androidi di carne e silicio immaginati dalla letteratura e dal cinema del passato ma persone semplicemente iperconnesse. Merito dell’evoluzione invisibile che sta sviluppando strumenti e sensori talmente piccoli da far recedere (ma solo visivamente) la tecnologia sullo sfondo delle nostre vite. La transizione dai PC casalinghi ai laptop, ai tablet e agli smartphone, per non parlare del crescente trasferimento dei nostri archivi dagli hard disk fisici al cloud (i server in Rete) stanno già realizzando una parte di questa nuova realtà.
Ma, in attesa che i concetti si saldino, la tecnologia cammina con le sue gambe. Il prossimo campo di battaglia sono gli occhi. Dalle futuribili lenti a contatto che consentono di mettere a fuoco simultaneamente il campo visivo biologico/digitale ai “glass”, gli occhiali progettati prima da Google e adesso da Facebook. Usandoli, le prospettive per la raccolta di informazioni sulle nostre preferenze in tempo reale si moltiplicano.
Un mutamento di cui è necessario provare ad approfondire esiti e sviluppi. Oltre alle implicazioni per la privacy, riemerge anche la questione della governance della Rete e delle logiche di potere nelle policies di governo delle informazioni che saranno nelle mani di Governi, Istituzioni, social network, imprese e altri soggetti organizzati. Al centro del palcoscenico una domanda di fondo: chi controlla la conoscenza nella Data Driven Economy?
Monitorare ogni nostra attività sarà ancora più semplice o resterà uno spazio per la riservatezza e la sfera privata? Difficile a dirsi già adesso ma, come ormai sappiamo, saremo talmente immersi nella connessione che ogni gesto o comportamento sarà pubblico e su un mezzo che ricorda tutto. Quasi per sempre. È per questo che sarà importante essere consapevoli che, nel futuro di iperconnessione, chi colleziona i nostri dati avrà un grande potere su di noi.
Talmente grande da poter influire sulle nostre vite. Pubbliche o private che siano.