L’anno dell’Iraq è stato battezzato da un bombardamento aereo contro Qassem Soleimani e Mahdi al Muhandis. Il primo iraniano, generale, numero uno dal 1988 fino alla sua morte delle Forza al Quds, che ha tra i suoi obiettivi quello delle operazioni per conto dell’Iran all’estero; il secondo, iracheno detto l’Ingegnere, nome per esteso Abu Mahdi al Muhandis, vice capo delle PMU irachene. Amico, sodale, alleato di Qassem Soleimani, amatissimo leader carismatico delle milizie sciite.
A lanciare i missili è stato un UAV americano ma, secondo le milizie sciite, a dare in pasto agli USA Qassem Soleimani sarebbe stato, un altro importante personaggio iracheno che, da li a cinque mesi, sarebbe diventato presidente del Consiglio iracheno: Mustafa al Kazemi, che ai tempi della neutralizzazione di Soleimani e al Muhandis era numero uno dei servizi segreti.
di Graziella Giangiulio e Antonio Albanese
L’arrivo di Mustafa al Kazemi alla presidenza è stato preparato con molta attenzione, serviva l’uomo nuovo, che non fosse un politico, c’era già alle spalle un governo contestato dalla piazza, quello di Adil Abdel Mahdi al-Muntafiki, molto vicino all’Iran in carica dal 2018.
Al momento dell’insediamento di Mustafa al Kazemi le condizioni irachene grossomodo erano le seguenti: manifestazioni di piazza, iniziate ad ottobre, che chiedevano le dimissioni del governo; elezioni anticipate; processi contro i politici per gli omicidi dei manifestanti; Covid 19 in arrivo in Iraq dall’Iran per via dei continui pellegrinaggi da e per l’Iraq; crisi economica dovuta a malagestione e crisi petrolifera.
L’Iraq dipende per il 90% dalle rimesse del petrolio che per chi non lo ricordasse all’epoca il petrolio era sceso sotto la quotazione di un euro al barile, e nel bilancio iracheno la previsione era di una media di 60 dollari al barile. Infine, e non trascurabile, endemico problema della corruzione che secondo enti e organismi internazionali in Iraq ammonta al 90%. E Daesh presente nelle regioni dell’Anbar, Kirkuk, Salahuddin, Diyala e nord di Baghdad.
Da maggio ad oggi al Kazemi ha cercato di fare le seguenti cose: riformare le milizie sciite e portarle sotto l’ala della guardia presidenziale; indire nuove elezioni, anticipate rispetto alla scadenza al sei giugno 2021, spingendo così il parlamento a lavorare sui dettagli della nuova legge elettorale ferma da almeno due anni; portare la pace sociale dando vita a una commissione speciale che dipende direttamente dalla sua presidenza per indagare sulle morti durante le manifestazioni soprattutto a Baghdad, Nassiriyah, Bassora.
Dal punto di vista economico ha chiesto la stesura di due leggi di bilancio: 2020 e 2021 fissando il prezzo medio per barile, all’interno della legge, a 45 dollari.
Editare il Libro bianco per dar vita alle riforme economiche. Istituire una cellula di crisi per affrontare il Covid 19 che ha voluto anche la chiusura parziale delle regioni. Cercare prestiti interni ed esterni per saldare gli stipendi dei dipendenti pubblici.
Distendere i rapporti con il Curdistan iracheno. Dal punto di vista della sicurezza a Kazemi ha affidato il grosso del lavoro a Othman al-Ghanmi, nominato ministro per gli interni, militare, vicino all’Iran, amato dagli Stati Uniti d’America da cui ha avuto la medaglia di Legione al Merito nel 2019.
A lui ha affidato il ruolo di gestire la questione delle milizie sciite, e di trovare una soluzione alle proteste di piazza senza che nessuno venisse ucciso e trovare il modo di gestire le manifestazioni e i processi contro chi ha ucciso o rapito gli attivisti iracheni. Situazione questa ultima ancora in alto mare.
Tra le iniziative appoggiate da al Kazemi del ministro per gli Interni, e questa settimana varate dal parlamento la legge del servizio militare obbligatorio, obiettivo togliere risorse alle milizie e inquadrarle sotto lo Stato Nazionale.
Tutte queste azioni hanno richiesto un riequilibrio anche dei rapporti con i vicini e i “vicini lontani”. Al Kazemi ha nominato ministro per gli esteri Fouad Hussein: curdo, sciita sposato in Olanda con una donna cristiana. Laureato in Olanda in relazioni Internazionali parla curdo, arabo, inglese e olandese, tra le curiosità si dice che la moglie abbia discendenze italiane della famiglia Montessori.
A Fuad Hussein è stato dato l’incarico di tessere le relazioni con i Paesi europei in primis, mentre lo stesso Musta al Kazemi tramite il ministro per il petrolio, Ihsan Abdul Jabbar Ismail, un uomo del mondo petrolifero che per sua natura ha relazioni con i paesi OPEC sta cercando di tessere nuove relazioni con Arabia Saudita che per l’Iraq ha sempre avuto debole mai corrisposto, Kuwait con cui l’Iraq sta ricucendo a fatica i rapporti grazie anche al progetto economico-finanziario del porto Umm Qasr;
l’Iran ritenuto dagli americani come un paese troppo ingerente negli affari iracheni e non ultimo di certo nuove relazioni con gli Stati Uniti d’America, ritenuto dagli iraniani come un ospite nn gradito nella Regione. Ricordiamo che il parlamento iracheno con al governo Adil Mahdi ha dato vita a una legge che chiede l’allontanamento delle truppe statunitensi dal territorio iracheno.
Non vogliamo trascurare in questa scia approssimativa di relazioni la Turchia. Al Kazemi ha ricevuto dopo pochi giorni dal suo insediamento, il 12 giugno, la visita del numero uno dei servizi segreti turco, Hakan Fidan. Sicuramente una vecchia conoscenza. Da quella data, anche se non ci son note ufficiali in tal senso, la Turchia ha attaccato il nord del Curdistan uccidendo numerosi leader del PKK, nel silenzio di Baghdad e con l’assenso silenzio dei Barzani.
Un lavoro molto impegnativo ma che sta portando i suoi frutti, il ministro per le finanze Allawi, 73 anni, laureato al Massachusetts Institute of Technology che lavorato per la Banca mondiale questa settimana ha incassato il via libera al Libro Bianco e ancora l’ingresso dell’Iraq nella Banca europea e non appena riuscirà a convincere il parlamento a varare la legge di bilancio 2020 potrà partire con i prestiti interni ed esterni, con l’obiettivo di ridurre gli stipendi dei funzionari pubblici del 20%.
L’Iraq dunque in soli cinque mesi ha cambiato strategia e tattica. Da paese piegato sull’Iran a cellula mobile in grado di comunicare da oriente a occidente. Gli Stati Uniti si sono offerti di sostenere il processo democratico iracheno inviando a destra e manca il loro inviato speciale per l’Iraq che ha parlato con le tre presidenze e e anche con le milizie sciite.
L’asse comunque possiamo dire comunque sembra più sbilanciato verso occidente, non a caso in settimana è arrivato in Iraq il presidente della banca centrale iraniana che ha chiesto all’Iraq, visto che ottempererà per filo e per segno alle sanzioni imposte dagli USA all’Iran di saldare i debiti.
Tra i nodi da sciogliere, resta quello delle milizie iraniane-irachene che continuano a bombardare le missioni diplomatiche e i convogli logistici della coalizione nonostante la firma della tregua; le resistenze di Daesh che continua a compiere attentati in Anbar, dove Emirati e Turchia investono, Kirkuk, Diyala, Salahuddin, Nrd di Baghdad. Tutto questo nonostante i bombardamenti USA in join con l’esercito e le milizie sciite irachene. E la corruzione.
Infine non trascurabile, essendo in Iraq la questione delle lotte tra blocchi politici a volte anche armate, soprattutto nel sud del Paese anche tra gruppi tutti sostenuti dall’Iran. La nuova legge elettorale d cui questa settimana si è votato l’articolo 15 ha infatti il delicato compito di stabilire quanti rappresentanti dovrà avere il nuovo parlamento iracheno. Il rischio è che se al Kazemi fallisce è il ritorno al settarismo con in testa, personaggi noti come Muqtada al Sadr e personaggi nuovi come Ammar al-Hakim. Infine segnaliamo un astro nascente che ha tratto molti benefici dalla morte di Al Muhandis, Hadi Al Amiri di cui sentiremo parlare sicuramente.