Possiamo ragionevolmente considerare l’Analisi di Impatto Regolativo ( AIR ) come il punto di caduta semi-pratico del precetto di Luigi Einaudi, “Prima conoscere, poi discutere, poi deliberare“[1], con cui l’economista piemontese ammoniva il legislatore, o più in genus lo scienziato, preda dell’impazienza di statuire senza aver primariamente acquisito una coscienza omogenea degli eventi.
Per decidere meritoriamente, come anche per la sublimazione personale, ci vuole tempo, costanza, compromesso; altrimenti si rischia di errare. Ma se lo scopo ultimo è avere una contezza complessiva della contingenza tale da renderci chiari e precisi gli interventi, moltiplicando l’efficacia[2] e riducendo il più possibile i collaterali, allora bisognerà apporre gli strumenti necessari per quella conoscenza e quella discussione, prodromica alla deliberazione normativa.
Di Gianmarco Cialone
L’AIR è, come disciplinato dall’art. 14 della legge n. 246 del 2005, quello strumento che permette alle singole Amministrazioni statali, supervisionate dal Dipartimento degli Affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio, di osservare astrattamente gli eventuali impatti pratici e concreti della norma prima che questa venga posta in essere, smussandone gli spigoli.
La definizione di uno scenario prognostico, ex ante alla fase di perfezionamento giuridico della norma, è basilare al fine di ottundere gli angoli dell’atto che si vuole emanare.
Questo riduce gli “scenari laterali”, circoscrive l’impatto positivo del legislatore agli effettivi obiettivi che si era prefisso di emendare assorbendo gli effetti peggiorativi per i terzi in base alle interlocuzioni intercorse con quel segmento di attori che, direttamente o indirettamente, subiranno l’effetto della norma in specie.
Come ricordava Claudio Zucchelli[3], “nello scrivere una norma c’è sempre il rischio di non interpretare bene o anche di non riuscire a raggiungere tecnicamente bene l’obiettivo politico” che si sarebbe voluto raggiungere, perché “è sempre in agguato il nemico fondamentale di ogni legislatore, che è la eterogenesi dei fini”[4]. Stante ciò, l’AIR si prefigge lo scopo di mitigare questa degenerazione nello spirito delle leggi.
La visione ‘diffusa’, generale, dello status quo e l’individuazione degli aspetti critici (di tipo normativo, economico, ovvero amministrativo, sociale, ambientale) che connotano il contesto attuale del panorama nazionale (o locale) devono essere come “principi di fondo” che muovono la mano del legislatore nella scrittura del provvedimento.
Questi, teleologicamente, devono spingere alla ricerca di informazioni sempre più approfondite e granulose. Come stabilito nell’art. 8, comma 1, del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 169/2017, l’AIR va predisposta subito, “contestualmente all’attivazione dell’esigenza di un provvedimento normativo”.
Essendo una valutazione ex ante i passaggi lineari dovrebbero essere i seguenti: ricognizione della situazione normativa, analisi delle esigenze economiche e sociali ( recte: il ‘problema’ ), individuazione degli obiettivi generali e specifici, delimitazione dell’ambito di intervento, selezione delle opzioni rilevanti e attuabili, valutazione dei relativi effetti attesi, individuazione dell’opzione preferibile.
Quest’ultima è la fase di individuazione, perimetrazione e definizione del problema: una prima raccolta di ‘sintomi’ per una più lucida costruzione dell’eziopatogenesi.
Dopo l’esame della normativa vigente e la piena considerazione dei parametri suesposti, bisognerebbe considerare l’intervento e la sua opportunità, determinandolo non solo muovendo dalla posizione lato amministrativo, ma soprattutto dalla posizione lato soggetti che la impattattano.
Questo momento risulta essere il ‘fulcro’ dell’AIR, il momento che risignifica a monte l’intera azione dell’Amministrazione: ossia il confronto tra una serie di alternative d’intervento[5].
Le manifeste posizioni della base possono avvicinare ancor meglio la visuale del legislatore, dissuadendolo da errori analitici e consequenzialmente pratici;
rendendo così l’esperimento dell’AIR un procedimento, a fortiori ratione, da attuare e curare, anche in vista di un maggior convergenza tra il normatore e la società migliorandone la dialettica e l’interazione. È desumibile che con l’individuazione focalizzata del problema si riesca a capire se e quanto convenga l’intervento normativo, approntando una serie di “ipotesi d’intervento”, definendole pure in una cornice ‘gerarchica’[6].
Che esso sia ex novo o che vada a incidere segmenti parziali della norma che ha regolato l’ambito del nuovo intervento, l’amministrazione, sentiti gli interessati, dovrà capire quanti costi/svantaggi e benefici/vantaggi trarrà dall’intervento attivo, vagliando anche la cd. “Opzione zero”, ossia il non intervento ( scelta anch’essa ponderata ).
La decisione dovrà contenere una intrinseca temperazione tra i criteri d’efficacia, di proporzionalità e fattibilità, consequenziando una coerente individuazione delle opzioni attuabili ( art. 8, c2, let. e)).
La via più facile per arrivare a queste conclusioni è indicata dalla ‘quantificazione degli obiettivi di una policy’, ossia la traduzione numerica di un potenziale miglioramento ( o deterioramento ) di un indicatore di risultato amministrativo, finalizzato a un salto di qualità della politica[7].
Questo renderebbe più immediato, spendibile all’opinione pubblica o agli stackeholders stessi, l’impatto di detta azione.
Le opzioni sul tavolo saranno dunque: agire con un intervento normativo, l’opzione zero ossia la convenienza del ‘non agere’, ovvero il non-intervento normativo;
in quest’ultimo caso avremo l’opportunità di scegliere tra varie proposizioni:
la co–regolation, l’auto-regolazione, la regolazione indipendente, l’opzioni incentivo, l’opzione di regolazione tramite informazione ( o trasparenza ), la cura della formazione ( capitale culturale ) o per concludere, la regolazione diretta ( interventi volti a individuare comportamenti e modellare le condotte con l’uso di mezzi persuasori o deterrenti )[8].
Tutte hanno un grado di invasità diverso e inferiore rispetto a quella che si avrebbe con l’intervento legislativo e che ci permette altresì di influire su altre ‘corde’ per raggiungere il risultato aspettato.
Gli obiettivi delle singole policies, conformi al problema individuato e in linea con le esigenze degli interessati, andrebbero innanzitutto resi coerenti con gli obiettivi di largo respiro, cioè obiettivi strategici legati alle grandi mission legate all’agenda pubblica.
Sotto un profilo di coordinamento. Sarebbe pleonastico ricordare come l’approntamento di una politica pubblica estemporanea, ma prodotta tramite l’AIR e i progetti legati, sarebbe più un gravame ( considerato il dispendio di risorse e di tempo ) che un’opportunità, seppur mitigata dall’operato della valutazione ex ante.
Di fatti anche l’uso di uno strumento utile come questo deve esser soppesato in base al volume d’impatto della norma.
Si può dire che le prime due fasi asserite dal richiamato pensiero di Einaudi sono rinchiuse nel momento dell’ascolto, da parte dell’amministrazione, degli ‘stackeholders’, ossia delle categorie sociali coinvolte nel processo.
La consultazione, strumento par excellence teso ad audire gli interessati, può tendenzialmente interessare l’intero processo di formazione della legge.
Anche in un’ottica di studio e valutazione dell’impatto prodotto dalla norma ( la Valutazione di Impatto della Regolamentazione -VIR- , di cui all’articoli 2, 3, 12, 13 e 14 del DPCM n. 169/2017, è lo strumento “proprio”, preposto alla valutazione dell’efficacia che la norma dispiega concretamente nei momenti successivi alla sua emanazione ).
Per quanto riguarda gli strumenti che informano la consultazione si possono citare: le consultazioni pubbliche on line, le riunioni con le parti interessate, workshop, conferenze, inchieste, interviste, forum di discussione on line e altre possibilità come il TOOLBOX.
L’amministrazione deve ascoltare i destinatari dell’intervento per individuare e far risaltare come una pietra immersa nell’acqua, le striature, le rughe, gli intacchi e financo ‘le piaghe’ della situazione attuale, rendendo edotti sulle opzioni di intervento gli attori su cui la decisione ricade.ù
Si valutando così gli effetti auspicati anche contemperandoli alle istanze e rimostranze eventuali di codesti.
Definita una strategia di consultazione l’amministrazione decide, alla luce dei delineati criteri d’intervento, quali tipi e quante svolgerne.
Esse si attuano secondo principi ispirati alla trasparenza, alla condivisione, alla chiarezza e alla completezza dell’informazione, nel rispetto delle esigenze di speditezza connesse al processo di produzione normativa[9] e congruenza dei temi introdotti rispetto alle questioni oggetto dell’iniziativa regolatoria.
I contributi apportati dai soggetti consultati sono finalizzati ad arricchire le informazioni a disposizione dell’amministrazione procedente, senza obbligo di riscontro e non costituiscono vincolo per l’istruttoria normativa[10].
La ‘sezione normativa delle consultazioni’ contiene: la descrizione delle consultazioni svolte e delle relative modalità di realizzazione, l’elenco dei soggetti che vi hanno partecipato, i periodi in cui si sono svolte.
L’ufficio responsabile del coordinamento delle attività connesse all’effettuazione dell’AIR e della VIR, istituito presso ogni Amministrazione statale ( art. 14, c. 9, l. n. 246/2005 ), deve assicurare il corretto coordinamento e la congrua pianificazione della attività di valutazione, nonché la coerenza con le metodologie adottate con le indicazioni contenute nella Guida ( Guida all’analisi e alla verifica dell’impatto della regolamentazione ) e nel nuovo regolamento ( DPCM. n. 169/2017 ).
Saranno poi le ‘direzioni tecniche’ ( gli Uffici legislativi ) che appronteranno e la Analisi tecnico normative e l’Analisi d’Impatto della Regolamentazione[11]; il tutto verrà supervisionato alla presentazione del provvedimento dal DAGL, collo di bottiglia e ponte tra Presidenza e uffici delle Amministrazioni, che ne cauterizzerà le eventuali mancanze e ne curerà la qualità ( art. 2, c. 9 ).
L’introduzione di un iter procedimentale[12] che cristallizza e obbliga le amministrazioni a procedere con l’AIR ( fatto salvo per i casi di cui all’artt. 6 ( casi di esclusione) e 7 ( richiesta di esenzione ) del decreto de quibus), è un passo avanti lodevole anche per la cura che questo appone nell’esigere un documento ben congegnato.
Tuttavia, ciò risulta insufficiente nonché confinato in una dimensione alquanto formale se e non dovesse essere accompagnato da un mutamento culturale tale da conferire alle persone chiamate allo svolgimento delle funzioni di lawmaking, la consapevolezza dell’utilità del sistema di valutazione della norma[13].
A tal fine risulterebbe necessario un significativo processo di formazione degli appartenenti agli uffici legislativi, dei componenti dei plessi organizzativi deputati all’effettuazione delle analisi ex ante ed ex post delle regolamentazioni e anche degli uffici di line;
la costituzione di strutture ad hoc composte da personale provvisto di un’adeguata formazione; il potenziamento del raccordo tra DAGL e Ministeri proponenti. Primanco, però dovrebbe essere abbandonata quella predisposizione psicologica che concepisce tale procedura un peso.
Un aggravio inconcludente, un inutile appesantimento a carico del legislatore centrale che, nell’epoca della cd “dromocrazia”[14], non può trovar cittadinanza[15]. L’AIR non è un mero addendo tecnico di carattere esornativo piazzato li dà qualcuno per mero diletto, ed a cui sfuggire ricorrendo a deroghe ‘a maglie larghe’ (o, al peggio, da adempiere distrattamente).
Virare su atteggiamenti maggiormente positivi espandendo, di tal guisa, la valutazione ex ante dell’AIR (ancora meglio se combinata effettivamente con l’azione di periodica valutazione ex post portata dalla VIR) non sarà sicuramente la panacea al fenomeno della cattiva legislazione, o della ‘scadente legislazione’.
Eppure, ella non sarà neanche un’algida suggestione meramente astratta.
Nel toccare la vasta platea di attori ( i soggetti direttamente interessati, i terzi, i portatori di interesse, i vari agenti delle Amministrazioni deputati alla sua predisposizione) che si intrecciano nella sua costruzione, tale fattispecie può giovare più che ledere l’attività legislativa. In prima istanza, recupera un senso di trasparenza e partecipazione.
Una collaborazione democratica e realmente rappresentativa, anche tra istituzioni.
In seconda, in luogo delle scelte normative portate da dante causa mossi da mere logiche di profitto parziale, tale procedimento avvicina la base collettiva alle scelte di politica pubblica, assorbendone le necessità concrete.
In terzo, come compendio dei due ragionamenti appena enunciati, si comporrebbe una sorta di “democrazia decidente sussidiaria”, che tocca i tre principi della rappresentatività, della decisione e della democrazia, suggellandoli in un atto giuridico ( o non ) di qualità.
“Gouverner c’est prevoir” secondo la massima di Adolph Thiers; prevedere senza un’opera di raccolta e ascolto delle fonti, di concozione e di discernimento cristallizzato in un’opera programmatica appare concetto astratto.
Ecco perché, in un contesto attuale che necessariamente deve riscoprire il movimento che parte dalla “programmazione come metodo di governo” dei fenomeni e come incisivo strumento di governance complessiva delle politiche pubblica, l’AIR ha il suo contributo fattivo da esprimere.
In definitiva, con l’approntamento non solo in via formale ma soprattutto in via di prassi applicativa, l’AIR costituisce una figura cardine di drafiting sostanziale: significa porre attenzione a che la norma giuridica edificata non sia in contrasto con gli scopi prefigurati e idealmente raggiungibili e che, medesimamente, non sia in contrasto con le altre normative giuridiche che costituiscono l’ordinamento nazionale.
Insomma, che non si persegua, nella convinzione di fare il bene, l’eterogenesi dei fini[16].
Dev’essere altresì rafforzato il raccordo tra AIR e VIR, un raccordo di natura circolare e reiterativa ( come anche specificato negli artt. 2, c. 1 e 8, c. 4 del DPCM). Bisognerebbe poi indagare gli atteggiamenti comportamentali dei soggetti ultimi che subiscono la norma, al fine di costruire ‘specifiche architetture della scelta’.
Una Behaviour Regolation ( o Manipulation ) che assorba e assecondi le loro naturali tendenze dirigendole verso gli scenari auspicati dal legislatore. Prevedendo altresì ove congruente, delle sanzioni reputazionali ( si prenda ad esempio il rating ) per le amministrazioni che ispirino le proprie azioni ai principi della qualità della regolazione, diffondendola e incentivandola.
Il momento storico ce lo chiede.
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
LA SPINA A., ESPA E., “Analisi e valutazione delle Politiche pubbliche”, Il Mulino, Bologna, 2011.
EINAUDI L., “Prediche inutili”, Einaudi, Torino, 1997.
Ufficio Valutazione Impatto del Senato della Repubblica, “La nuova disciplina dell’analisi e della verifica dell’impatto della regolamentazione. Esperienze n. 32.”
Ufficio Valutazione Impatto del Senato della Repubblica, “Le consultazioni dei cittadini e dei portatori d’interesse. Esperienze n. 27”.
ZUCCHELLI C., Il coordinamento normativo del Governo: il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del consiglio, in Quaderno / Associazione per gli studi e le ricerche parlamentari. – 14 (2003)
CUOCOLO L., Tempo e potere nel diritto costituzionale, Giuffrè, Milano, 2009.
[1] EINAUDI L., “Prediche inutili”, Einaudi, Torino, 1997.
[2] D’altronde, già all’articolo 1 della legge n. 241/1990, nel disciplinare il procedimento amministrativo, chiarifica che: “l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza”, rendendosi normativa di sbocco del disciplinato costituzionale all’articolo 97, secondo comma, ove si prescrive il buon andamento e l’imparzialità come direttrici dell’agire amministrativo.
Di tal guisa, considerati tali ‘parametri’ giuridici che perimetrano la funzione pubblica, l’AIR altro non si configura che come avanguardia d’attuazione nell’esercizio legislativo.
Quantomeno considerandola come veicolo di una migliore attività amministrativa nel rapporto funzione/risorse e funzione/efficacia.
[3] Claudio Zucchelli fu Capo del Dipartimento per gli Affari Giuridici e Legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri dal 27 luglio 2001 al 30 giugno 2006 e dal maggio 2008 al maggio 2013.
[4] Cfr. ZUCCHELLI C., Il coordinamento normativo del Governo: il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del consiglio, in Quaderno / Associazione per gli studi e le ricerche parlamentari. – 14 (2003), p. 199-216.
[5] Ufficio Valutazione Impatto del Senato della Repubblica, “La nuova disciplina dell’analisi e della verifica dell’impatto della regolamentazione. Esperienze n. 32.”.
[6] Ivi.
[7] LA SPINA A., ESPA E., “Analisi e valutazione delle Politiche pubbliche”, Il Mulino, Bologna, 2011.
[8] Ivi.
[9] Ufficio Valutazione Impatto del Senato della Repubblica, “Le consultazioni dei cittadini e dei portatori d’interesse. Esperienze n. 27”.
[10] Ivi.
[11] Ivi.
[12] L’Art. 7 di detto DPCM. detta le fasi che costituiscono l’AIR.
[13] Op. cit. “Esperienze n. 32”, p. 24.
[14]Cfr. CUOCOLO L., Tempo e potere nel diritto costituzionale, Giuffrè, Milano, 2009.
[15] Ivi.
[16] “Tutte le realtà anche quelle virtuali, anche Internet per dire, sono realtà che fanno parte di una più ampia rete della realtà, o meglio le connessioni di reti della realtà che sono tutte intimamente coagenti. Noi abbiamo la rete dell’ordinamento giuridico, la rete dell’economia, la rete della vita reale e quindi non possiamo illuderci che cambiando una singola parola non succeda niente.
Ricordatevi quel famoso detto: un battito d’ali di farfalla in Giappone scatena un uragano in Canada! Ecco la complessità delle reti nella vita è tale per cui ogni volta che noi interveniamo con una norma dobbiamo essere in grado di capire, perlomeno fino a un certo livello di analisi, quello che succede dopo. Per evitare quello, Vi ripeto per l’ennesima volta, che è il nostro nemico fondamentale: l’eterogenesi dei fini!”, Claudio Zucchelli, op.cit., p. 215.