La rete in fibra FTTH e le tecnologie wireless FWA 5G sono il presupposto dello sviluppo di qualsiasi nazione. L’Italia deve potere utilizzare e ottimizzare tutte le risorse disponibili per coprire presto e bene tutto il territorio.
Di Massimo Comito
Ora che il governo del Paese è ad una svolta e la partita degli investimenti infrastrutturali nelle telecomunicazioni e la cosiddetta Rete Unica avrà, come deve, gli occhi puntati delle Autorità europee, vale la pena fare qualche riflessione spero utile a chi dovrà confermare o modificare le prossime azioni sull’argomento in questione per utilizzare le risorse del Recovery Fund.
Mi riferisco in particolare ad uno dei 5 pilastri del Modello di Agilità Strategica di Ron Meyer professore di Strategic Leadership alla Tias School for Business & Society dell’Università di Tilburg, di cui ho già scritto su questo blog.
Precisamente il quarto pilastro cioè l’apprendimento o learning dalle azioni perseguite, qualunque sia l’esito di esse, come mezzo per “aggiustare” una strategia realizzativa in corso d’opera. L’apprendimento viene dopo la visione o visioning, la scommessa o betting, l’azione o acting e prima dell’armonizzazione o harmonizing.
Infatti, dopo un ormai adeguato periodo di apprendimento nella realizzazione della rete a banda ultra-larga in Italia, penso sia arrivato il momento di capitalizzare e fare tesoro dell’esperienza fatta dagli operatori che stanno costruendo infrastrutture VHCN -Very High Capacity Networks- in particolare FTTH (Fiber To The Home) e 5G FWA (Fixed Wireless Access), per modificare le nostre azioni future e migliorare la nostra strategia.
Prima di tutto l’avere osservato e appreso che il modello wholesale-only sperimentato con Open Fiber, ha introdotto un forte stimolo per tutti i player nel mercato delle infrastrutture di telecomunicazioni, facendo registrare un notevole passo avanti per la digitalizzazione del Paese, checchè ne dicano le diverse parti in commedia.
Un modello, a mio avviso, virtuoso ma che purtroppo non basta da solo se vogliamo spingere decisamente una delle facilty maggiormente abilitanti ad una ripresa tanto auspicata.
Dobbiamo infatti velocizzare ed ampliare al massimo il dispiegamento della rete nelle aree bianche e grigie del Piano BUL-Banda Ultra Larga- ovvero le zone del paese dove vi è poca o nessuna concorrenza fra operatori, ed ottenere ed utilizzare il più presto possibile i fondi dei piani europei: non partiamo da zero perché il processo di apprendimento avvenuto negli anni recenti ci ha anche insegnato una cosa ormai evidente almeno agli addetti ai lavori.
E cioè che la centralizzazione degli investimenti su un unico operatore/concessionario comporta rilevanti problemi di capacità produttiva limitata in seno al singolo operatore, in termini di:
-progettazione delle reti -per semplificare al massimo, lo studio dei percorsi ottimali dove deve passare la fibra magari ri-utilzzando percorsi e strutture pre-esistenti- e richiesta di centinaia di permessi ad enti ed amministrazioni locali e nazionali (in capo sia all’operatore che ad aziende di progettazione esterne)
-coordinamento e controllo dei lavori di costruzione da parte delle ditte costruttrici (anche questa attività in capo sia all’operatore che ad aziende di progettazione esterne)
-delivery e collaudi delle reti (in capo sia all’operatore che alle ditte costruttrici)
e quindi che la centralizzazione degli investimenti potrebbe non essere la soluzione più adatta al raggiungimento dell’obiettivo finale e cioè la realizzazione in tempi accettabili delle reti ad altissima capacità.
La domanda che ci dovremmo porre allora è se ha ancora senso parlare di Rete Unica, almeno come obiettivo “pubblico” e non come punto di arrivo di un progetto industriale di un singolo Gruppo privato italiano o straniero, che, gioco forza e per la centralizzazione suddetta, diventerebbe un “bottleneck naturale” per la realizzazione, in tempi certi e brevi, della copertura completa del nostro Paese con le tanto desiderate Very High Capacity Networks.
Non sarebbe meglio pensare ad una strategia di equa e ragionata “distribuzione” dei fondi europei e quindi degli investimenti e dei lavori fra quanti più operatori/concessionari possibile con scelta conseguente di quanti più fornitori di progettisti e di opere di ingegneria civile possibili?
Davvero banalizzo la questione. Sarebbe meglio:
-continuare a costruire in “serie” aspettando che le risorse di un singolo operatore di rete unica siano libere per iniziare una nuova progettazione ed avviare un nuovo cantiere
ovvero
-spingere la costruzione in “parallelo” utilizzando le risorse di tanti operatori e quindi progettare ed aprire tanti nuovi cantieri in contemporanea? Magari attraverso gare a lotti, a costi “standard” e non al massimo ribasso, con vincoli sul numero minimo degli operatori/concessionari assegnatari?
Ovviamente il presupposto dovrà essere quello di salvaguardare una sana concorrenza e tutte le regole europee, EECC –European Electronic Communications Code- compreso.
Forse tornare indietro su scelte non ancora definitive contribuirebbe a riposizionarci con maggiore affidabilità nel panorama europeo che vede la Rete Unica appunto come un “unicum” e un precedente da trattare con particolare attenzione e diffidenza.
Del resto penso e spero che l’Italia dovrà confrontarsi a breve con tali e tanti cambiamenti di paradigma -cito solo ad esempio la “Transizione Ecologica” che, se compresa profondamente e realizzata veramente, potrebbe comportare cambiamenti strutturali della società e dei processi produttivi- che una rimodulazione di una strategia per le VHCN, direi ormai ben avviata, sarebbe ben poca cosa.