Il patrimonio storico ed artistico dell’Italia come punto di svolta per ritrovare la fiducia degli investitori
Di Antonio Costa, Professore di Economia Aziendale Università del Salento
Quanto accaduto quest’anno a seguito della pandemia Covid-19 rischia di lasciare il segno sulle future generazioni. La pandemia è stata paragonata alla grande guerra per i suoi effetti e le sue ricadute.
Le politiche pubbliche “Keynesiane” tese a tendere la mano a chi rischiava di rimanere indietro o comunque senza liquidità (famiglie o imprese) hanno prodotto un notevole incremento del debito pubblico facendo saltare ogni ipotetico piano di rientro dello stesso.
E pensare che da più parti, negli ultimi anni, si era ingenerata l’opinione che ormai occorreva concentrare tutti gli sforzi nella direzione di mettere in sicurezza i nostri conti.
La ripresa delle attività ed il recupero degli ordinativi difficilmente potranno riempire la voragine che ha provocato il blocco forzato di interi settori dell’Economia.
I dati del PIL Italiano a fine anno daranno una prima misura dell’entità del problema che appare da tante angolazioni molto serio. E’ di tutta evidenza che al PIL infatti è strettamente legato il prelievo fiscale.
E una misura del PIL non in linea con le precedenti previsioni darà evidenza di un calo vistoso delle entrate dello Stato.
Bisogna augurarci che le agenzia di rating (in primis Fitch, S&P Global, DBRS, Moody’s) che monitorano da vicino lo stato dell’Economia Italiana ed esprimono il sentiment del mercato non infieriscano sul nostro Paese anche in virtù dei noti interessi in conflitto.
Le agenzie infatti hanno un capitale privato e mirano a produrre utili. E nel momento peggiore della pandemia non hanno fatto mancare i segni di un peggioramento del loro giudizio. Come diceva un notissimo politico democristiano “a pensar male degli altri si fa peccato ma spesso si indovina”.
L’Italia è un Paese dalle mille risorse, con un patrimonio storico ed artistico che non ha eguali. Ma questo non ci deve distogliere dalla realtà che ci vede fortemente indebitati.
Per il futuro occorre una politica responsabile che sappia aiutarci a risollevarci e nello stesso tempo che faccia ritornare la fiducia di tutti gli investitori internazionali.
Un cambio di passo necessario che necessita di qualche sacrificio e che faccia tornare l’interesse per il patrimonio immobiliare italiano da troppo tempo gravato solo da imposizioni fiscali che lo rendono senza il giusto appeal.
Ben vengano dunque nel Decreto semplificazioni (che a breve vedrà la luce) norme per favorire ed accelerare l’edilizia privata, per facilitare gli investimenti di rigenerazione urbana, per rilanciare anche il turismo.
La vera svolta però si gioca sul piano fiscale. La crisi che viviamo potrebbe innescare una riforma tributaria tesa a favorire, nel giro di poco tempo, una ripresa degli investimenti da parte dei privati.
Tale riforma porterebbe come principale effetto la ripresa di fiducia degli investitori e con essa un aumento delle compravendite degli immobili che trascinerebbe in alto le quotazioni degli stessi.
Occorre una rottura con il passato per realizzare la crescita stabile e duratura evocata anche dal Governatore della Banca d’Italia. E’ finito il tempo dell’attesa. Occorre agire in fretta.