MES – Analisi costi/benefici: prestito internazionale e ricorso al mercato a confronto

Indice

Il dibattito sul MES ha coinvolto negli ultimi mesi politici e accademici, ma nella comunicazione dei mass media non è emersa la natura dell’istituto con la chiarezza necessaria alla comprensione dell’argomento. Soprattutto il dibattito politico si è polarizzato inopportunamente tra filoeuropeisti ed antieuropeisti ostacolando l’analisi di opportunità e rischi che connotano gli strumenti finanziari e le conseguenze sulla politica economica per gli anni a venire. Questo contributo si basa su un esame dei testi fino ad arrivare alla recente lettera Dombrovskis-Gentiloni. L’analisi dell’utilità marginale per il debito italiano di contrarre un prestito col MES è condotta anche comparando in termini economici i costi dell’operazione rispetto ai comuni strumenti di ricorso al mercato, con i recenti risultati offerti dal collocamento della nuova edizione del BTP Italia in un quadro di valutazione macroeconomica.

di Rosario Micciché

SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. Il Trattato internazionale sul MES firmato e ratificato. I suoi contenuti. – 3. Il Pandemic Crisis Support. Questioni giuridiche e temi economici.

§ 1 Introduzione

Nei mesi scorsi si è a lungo discusso nel dibattito pubblico, politico e mediatico italiano del MES, Meccanismo europeo di stabilità, dissertando in varie sedi sull’opportunità o meno di attivare linee di credito per reperire risorse necessarie ad affrontare la crisi economica causata dal lockdown dovuto alla pandemia da coronavirus CoVid-19.

Il dibattito dura da mesi toccando i più diversi aspetti anche polemici con reciproche accuse di lealtà e slealtà tra le forze politiche e confondendo la firma su una prima versione non ratificata di un Trattato del 25 marzo 2011 e quella sulla seconda versione del 2 febbraio 2012 effettivamente ratificata dallo Stato italiano con la legge 23 luglio 2012, n. 114.

A quel punto l’attenzione si è spostata sulla ricerca di un verbale parlamentare – in realtà disponibile a tutti su internet – per rinvenire i voti favorevoli e contrari nonché le astensioni nel voto di ratifica.

L’approccio al tema in realtà va condotto in modo diverso e, trattandosi di una questione estremamente seria per l’avvenire di imprese, risparmiatori e famiglie italiane, deve consistere in un’analisi di tipo giuridico-economico, un’analisi con il classico metodo del confronto tra costi e benefici accompagnata da un esame sulle condizioni iniziali e sugli effetti finali.

§ Il Trattato internazionale firmato e ratificato

Il punto, dunque, non è individuare quando, dove e chi ha firmato l’istituzione del MES; questo non è difficile da “scoprire”: si tratta del Trattato internazionale sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria firmato a Bruxelles il 2 febbraio 2012 da 25 Paesi aderenti all’Unione europea e non firmato dal Regno Unito (oggi in uscito dall’UE), dalla Repubblica ceca e dalla Croazia (che non hanno sottoscritto neppure il coevo Fiscal Compact).

Il Trattato, in realtà, contiene una disciplina in larga parte dedicata ai soli 19 Paesi che hanno adottato l’euro come moneta unica[1]

E tuttavia, avendo la natura di trattato internazionale sottoscritto dagli Stati, esso non appartiene stricto iure al diritto comunitario o unionale, e quindi il MES ed i suoi organi – un Consiglio dei governatori formato dai Ministri finanziari dell’area euro (secondo il medesimo schema del Fondo Monetario internazionale) e presieduto dal Presidente dell’Eurogruppo, un consiglio d’amministrazione, un direttore generale – non appartengono in senso proprio all’Unione europea, ma cionondimeno tra UE e Mes è stata assicurata una certa osmosi mediante la modifica di un articolo del Trattato sul funzionamento dell’Unione (art. 136.3 del TFUE) e mediante due regolamenti unionali, noti come Two Pack (regolamenti nn. 472 e 473 del 2013[2]) che dettano le regole per la stabilità finanziaria e le relative correzioni in caso di deviazione dagli obiettivi.

In particolare il regolamento n. 472/2013 all’art. 1, lett. b) contempla, come vedremo, la disciplina applicabile per il caso in cui uno Stato abbia ricevuto prestiti dal MES.    

L’Italia all’epoca della firma era rappresentata dal Governo Monti ed il voto parlamentare (181 voti favorevoli in Senato, 380 alla Camera) fu dato dai partiti politici che sostenevano quel Governo, seppur con alcuni distinguo personali di dissenso da parte di singoli deputati e senatori.

Il punto centrale è, però, un altro: sinora nessuno dei Governi che si sono succeduti alla guida dell’Italia ha mai chiesto prestiti al MES; non lo fece il Governo Monti durante la terribile speculazione finanziaria sullo spread del 2011-2013, né il successivo Governo Letta, né tanto meno i Governi Renzi e Gentiloni, né infine il Governo giallo-verde in carica dal giugno 2018 al settembre 2019.

Passando alla natura e alle caratteristiche del MES, esso è un organismo internazionale con sede in Lussemburgo[3] avente, però, la veste giuridica di società privata per azioni (una société anonyme di diritto lussemburghese) che gestisce un fondo di soli 705 miliardi di euro di cui appena 80 effettivamente versati dagli Stati membri e che in ogni caso può erogare al massimo 500 miliardi.

Il MES  ha incorporato due precedenti strutture temporanee europee, il Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF o EFSF), da cui proviene circa metà (300 miliardi) delle disponibilità “teorica” MES e l’originario Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (l’EFSM).

La discussione pubblica è stata anche viziata dalla confusione che nel linguaggio comune si crea sul termine “finanziamento” e sulla diffusa ed infondata idea che i “finanziamenti” internazionali siano denari da non restituire.

Tale errato convincimento forse nasce da altri e precedenti finanziamenti europei a fondo perduto o addirittura risale al “Piano Marshall” del Secondo Dopoguerra.

Ebbene, in questo caso non è così: quando si parla di linee di credito MES si discute – come vedremo subito – di prestiti da restituire a rate e pagando capitale ed interessi con esclusione della formula “a fondo perduto”.

Il MES ha la funzione, infatti, di erogare agli Stati che ne avanzino richiesta prestiti fruttiferi da restituire con modalità rateale; gli interessi sui prestiti sono finalizzati ad ottenere il rientro dei costi ed un margine di profitto per il MES medesimo.

Ma come tutti i fondi europei, anche questo non dispone di denaro proveniente da altri se non dagli stessi Stati membri dell’Unione europea: l’Italia ha contribuito al MES impegnandosi per quasi il 18% del capitale pari ad oltre 125 miliardi di euro dei quali più di 14 sono stati già versati.

In base a questi numeri l’Italia è il terzo azionista del MES dopo Germania e Francia: si tratta delle tre Nazioni più ricche d’Europa, con il PIL più alto e dei principali contributori netti, cioè Nazioni che ogni anno versano all’Europa più di ciò che ricevono dai fondi europei.

Ad esempio nel 2017 l’Italia ha versato all’Unione europea oltre 12 miliardi e ne ha ricevuti solo 9 e mezzo circa[4].  

Questi tre Paesi (Germania, Francia ed Italia) insieme hanno in ambito MES il “diritto il veto” che deriva dal disporre di oltre il 15%[5] dei diritti di voto in quanto il Consiglio dei Governatori delibera con la maggioranza qualificata dei due terzi e, oltre ad essi, solo la Spagna (che ha sottoscritto quasi il 12% del capitale) supera la soglia del 10% delle azioni.

Gli altri Stati hanno quote azionarie molto più esigue che in rari casi superano il 5%: ad esempio l’Austria contribuisce al MES solo per il 2,7%,  mentre la piccola Olanda ha sottoscritto solo il 5,7% del capitale MES ed ha attualmente versato solo 4 miliardi e mezzo (contribuendo al bilancio annuo comunitario con meno di 6 miliardi annui per esercizio)

Vediamo come funziona il MES e, poi, vedremo in cosa la lettera Dombrovsky-Gentiloni tenta di derogare rispetto alla disciplina vigente.

Lo Stato che dovesse chiede ed ottenere un prestito al MES, è tenuto a firmare un memorandum e a sottoporsi alle procedure stabilite dal regolamento n. 472 del 2013 a partire dalla vigilanza rafforzata e dalle rigorose condizionalità.

E tutto già normato nei dettagli ed in particolare l’art. 3, comma 5, del regolamento prevede che la vigilanza rafforzata si sostanzi innanzitutto in missioni di verifica da parte di Commissione UE, Banca centrale europea e, ove originariamente coinvolto, anche del Fondo monetario internazionale (queste tre Istituzioni sono state indicata dalla stampa internazionale con l’espressione Troika).

L’art. 7 dispone come conseguenza del prestito l’adozione di un programma di aggiustamento macroeconomico (ristrutturazione del debito, tagli alla spesa pubblica, revisione della tassazione su redditi e patrimoni) inclusi i meccanismi salariali (art. 7, co. 1, quarto periodo) al fine di garantire la sostenibilità del debito e la restituzione del prestito rateale al MES con assoluta priorità e con diritto di prelazione rispetto al mercato.

Inoltre, lo Stato assoggettatosi al prestito e quindi al programma può veder sostituite o affiancare le proprie strutture amministrative centrali (ministeriali) con “gruppi di esperti” provenienti da Stati esteri membri del MES o dagli organi europei (art. 7, comma 8). Ai sensi dell’art. 14 la sorveglianza potrebbe prolungarsi anche dopo la restituzione e la conclusione del programma (sorveglianza post-programma) per decisione delle Istituzioni unionali (all’unilateralità connaturata alle obbligazioni si somma l’unidirezionalità delle scelte esaltando la posizione di contraente debole tipica del debitore).

Si tratta di regole molto pesanti e rigorose che – sommate a quelle del Fiscal Compact e del pareggio di bilancio e alla cessione all’Unione europea della politica monetaria esercitata dalla Banca centrale europea[6] – rischiano di sottoporre lo Stato indebitatosi col MES ad una situazione di forte limitazione dei poteri di Governo e Parlamento nella politica economica: il decisore politico privato degli strumenti di politica economica e monetaria verrebbe vincolato al programma ed al memorandum sottoscritto da cui dipenderebbero le manovre e le riforme per diversi anni.

Tutta la disciplina del MES è costruita, in fondo, non già per situazioni eccezionali come una catastrofe naturale o un’epidemia o altre cause esogene rispetto ai fondamentali economici e produttivi per le quali esiste l’art. 122 del TFUE, quanto piuttosto per situazioni in cui un Paese per squilibri macroeconomici endogeni non goda di fiducia da parte dei mercati e non abbia accesso all’ordinario mercato del credito con conseguente impossibilità di collocare i titoli del proprio debito.

Anzi, considerata l’umoralità dei mercati e la loro attenzione ai segnali, la decisione di ricorrere ad un prestito di un’istituzione internazionale di salvataggio quand’invece uno Stato ben può rivolgersi al mercato, potrebbe costituire un’indicazione di sfiducia sulla propria solvibilità che preconizzerebbe un default: una sorta di profezia che si autoavvera.   

In fondo le pratiche del MES (ricordiamo che l’EFSF e l’EFSM sono stati incorporati nel MES) sono già state sperimentate dalla Grecia di Tsipras nel decennio appena concluso e coincidono ope iuris per effetto di espliciti ed impliciti rinvii con quelle adottate dal Fondo Monetario Internazionale: incrementi della tassazione, tagli alla spesa sociale e previdenziale, privatizzazione di asset strategici pubblici anche demaniali, dai porti agli aeroporti[7], svalutazione dei salari pubblici e privati (non potendo svalutare la moneta occorre agire su un altro strumento di misurazione dell’economia e del potere d’acquisto) e, come effetto indiretto, l’esclusione dal collocamento di titoli di debito sul mercato come conseguenza della priorità di restituzione del prestito internazionale[8].         

 Posto che le regole prestabilite sono queste, si comprende come la decisione cruciale non è altra se non quella di presentare al MES la richiesta di erogazione di un prestito.

Il MES esiste già da oltre 8 anni, ma il punto è decidere se attingerlo o meno, scegliere se indebitarsi con questo Fondo oppure no. E la scelta spetterà a questo Governo e a questo Parlamento e non a quelli che li hanno preceduti.

§ 3 Il Pandemic Crisis Support. Questioni giuridiche e temi economici

Dopo lunghe trattative tra gli Stati membri accompagnate da accesi dibattiti nelle rispettive opinioni pubbliche, le riunioni dell’Eurogruppo prima e del Consiglio poi hanno portato l’Unione europea ad elaborare uno strumento materializzatosi in una lettera firmata il 7 maggio 2020 dal Vice Presidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis e dal Commissario europeo agli Affari economici e monetari Paolo Gentiloni destinata al Presidente dell’Eurogruppo (e Presidente del Consiglio dei Governatori del MES) Mario Centeno[9].

Lo strumento finanziario consiste in  una linea di credito a condizioni migliorate (enhanced conditions credit line) denominata Pandemic Crisis Support (supporto alla crisi pandemica) a carattere precauzionale, finalizzata a prestiti con interesse ridotto per spese destinate ai costi diretti ed indiretti per sanità, cura e prevenzione relativi al coronavirus: la lettera ha generato reazioni contrastanti con alcune voci entusiaste che hanno ritenuto di vedervi l’assenza di condizionalità e altre voci che, invece, hanno mantenuto una certa diffidenza.

Quale sia la realtà emerge dallo stesso tenore della lettera che non parla di “assenza di condizionalità”, ma solo di “condizioni migliorate”.

Nella lettera si specifica che la disciplina applicabile è sempre quella del regolamento n. 472 del 2013 e che la sorveglianza rafforzata sarà attivata ancorché al solo fine di verificare la destinazione dei fondi prestati alla sanità nel senso sopra chiarito.

La lettera esprime, poi, il proposito di rivedere il regolamento delegato n. 877 del 2013 che contiene le tabelle trimestrali che la Commissione chiede di compilare allo Stato soggetto a sorveglianza, su cui formulare gli aggiustamenti del programma ai sensi del Two Pack. La lettera indica, altresì, una deroga ai commi 3 e 4 dell’art. 3 del regolamento n. 472 concernenti taluni stringenti obblighi comunicativi e subordina la sterilizzazione di aggiustamenti macroeconomici (previsti dall’art. 7) alla valutazione del rispetto della destinazione del prestito alle spese sanitarie.

Viene prevista la sorveglianza post-programma e le missioni di verifica saranno incorporate nell’ambito delle procedure del “semestre europeo”, mentre la lettera esclude durante la sorveglianza post-programma ipotesi di “misure correttive” imposte dal Consiglio su proposta della Commissione.

Due elementi sono sicuri: le condizionalità sussistono, ma esse sono più blande rispetto a quello previste dal regolamento n. 472 del 2013; e tuttavia è altrettanto certo che, ove dovesse riscontrarsi che le somme prestate dal MES non fossero state utilizzate interamente per la sanità, ma ad esempio per sussidi alle imprese, il prestito speciale per CoVid-19 denominato Pandemic Crisis Support si tramuterebbe in un comune prestito MES in quanto tutte le deroghe alle condizionalità sono sottoposte al rispetto di una condizione-madre di destinare il denaro a quelle sole spese nel settore medico-sanitario.

Ancora più a monte occorre interrogarsi se un’autorevole lettera di uno dei Vice Presidenti della Commissione e del competente Commissario europeo – sebbene adottata a seguito del meeting dell’Eurogruppo del 9 aprile 2020 e del meeting dei Capi di Stato e di Governo del successivo 23 aprile – abbia in termini di diritto[10] la forza ed il vigore per poter derogare alle disposizioni di un Trattato internazionale, di un regolamento unionale (il reg. UE n. 472 del 2013, primo elemento del Two Pack), di poter vincolare con un auspicio la modifica di un regolamento delegato della Commissione (il reg. del. n. 877 del 2013 adottato in esecuzione del reg. UE n. 473 del 2013, secondo elemento del Two Pack[11]).

La risposta in termini di “gerarchia delle fonti” è evidentemente negativa nel senso che la lettera esprime la posizione politica di due prestigiose figure appartenenti alle Istituzioni dell’Unione europea, ma non è assolutamente in grado di impedire in termini giuridici che la linea di credito mantenga per il futuro le caratteristiche delineate nella lettera e che la stessa lettera limita, comunque, nel tempo come si evince dal riferimento biennale contenuto nella parte relativa alla condizioni di più blanda sorveglianza.

La lettera, benché politicamente possente, non ha neppure la forza giuridica di impedire che in futuro un altro organismo dell’Unione europea con un’altra lettera di inverso tenore possa modificarne o inciderne i contenuti[12].

La lettera trascura di inibire l’art. 15 del regolamento n. 472 che in seno al Consiglio sottrae il diritto di voto allo Stato indebitatosi col MES sulle questioni attinenti al suo prestito, il che lo rende subordinato al volere degli altri Stati membri: lo Stato che accende un prestito rimane un debitore al cospetto degli altri Stati membri che divengono collegialmente in sede MES i suoi creditori.

Questo strumento del prestito speciale MES Pandemic Crisis Support è parso per alcune settimane l’unica linea di credito attivata dalle Istituzioni europee per rispondere alle crisi economica causata dalla pandemia, visto che le proposte di mutualizzazione del debito sono state rigettate e la ricorrente proposta di emettere euro-bond formulata nel tempo da Jacques Delors, da Jean-Claude Junker e da Giulio Tremonti[13] è stata respinta ancora una volta per la recisa opposizione tedesca[14].

Oggi il Pandemic Crisis Support del MES sembra superato dalla proposta di Recovery Plan, uno stanziamento suddiviso tra prestiti agevolati ed erogazioni a fondo perduto, i cui dettagli saranno resi noti nei prossimi giorni[15].

Al di là della nota dialettica tra le forze politiche italiane, è interessante verificare la desiderabilità per l’economia nazionale (non solo pubblica) di un prestito di un’Istituzione internazionale come il MES, onde valutare se ritenerlo preferibile rispetto alle ordinarie forme di finanziamento del debito pubblico italiano rappresentate dall’emissione di titoli.

Dalle notizie diffuse, la disponibilità del MES per un potenziale prestito da erogare all’Italia, previa presentazione di una richiesta in tal senso, ammonta a 36 miliardi di euro (pari al 2% del PIL 2019) erogabili nel corso di 12 mesi (prorogabili per ulteriori 6 mesi e non oltre, comunque, il 2022) ad un tasso di interesse tra lo 0,1% e lo 0,8% annuo[16] da restituire in 10 anni a rate.

Non si tratta di una cifra rilevante[17] in quanto il Parlamento italiano per la lotta alla pandemia – con due successive delibere adottate in questi mesi ai sensi dell’art. 81, co. 2, della Costituzione – ha autorizzato il Tesoro ad emettere titoli di nuovo debito per totali 80 miliardi (25 miliardi con la prima autorizzazione e 55 con la seconda recente autorizzazione).

Per comprendere i termini di grandezza con cui ci si confronta bisogna considerare che il debito pubblico italiano è oggi pari a circa 2 mila e 400 miliardi; che la stragrande maggioranza dei titoli dei debito (oltre il 68%) è in mano a soggetti italiani, tra banche nazionali, società finanziarie, imprese e famiglie (le famiglie italiane detengono circa il 5% del debito); che il Pil italiano (base imponibile) del 2019 è stato di oltre mille e 800 miliardi di euro (quasi 2 mila miliardi di dollari[18]; prima della Grande recessione, il PIL era di oltre 2 mila e 100 miliardi di dollari nel 2010 e di 2 mila e 400 miliardi di dollari nel 2008; il PIL non è ancora tornato a quel livello che deve, comunque, costituire l’obiettivo di produttività per i fattori del Paese); che il risparmio privato italiano in mano alle famiglie (innanzitutto conti corretti e libretti bancari e postali) è pari a circa il doppio del debito pubblico con oltre 4 mila e 200 miliardi[19] e, infine, che il totale della ricchezza nazionale ammonta ad circa 10 mila miliardi di euro[20].

Quando nel 2011 si verificò la crisi dello spread venne paventata l’ipotesi di ricorrere a prestiti internazionali come accadde ad esempio nella Grecia di Alexis Tsipras in quegli stessi anni, ma il Governo Monti preferì non attivare il MES ed adottare politiche di austerità sul versante della spesa pubblica e, sul versante delle entrate, venne emesso un titolo di debito pubblico dedicato alle famiglie e ai piccoli risparmiatori, il BTP Italia.

Nei giorni scorsi abbiamo assistito ad una nuova edizione del BTP Italia dedicato alle famiglie con tagli a partire da mille euro e della durata di cinque anni. Per rendere appetibile il titolo è stato garantita una “generosa” cedola dell’1,4% annuo, più alto rispetto ai rendimenti delle recenti emissioni (ad esempio a settembre 2019 il rendimento era pari allo 0,9%, ma a novembre 2011 era oltre il 7%).

Il collocamento si è rivelato un successo: gli Italiani hanno risposto positivamente aderendo in massa all’acquisto; in soli tre giorni, da lunedì 18 a mercoledì 20 maggio, sono stati raccolti ben oltre 15 miliardi; e con le adesioni dei giorni successivi si è arrivati ad oltre 22 miliardi. La diffusione è stata capillare poiché il 78% dell’emissione è stata sottoscritta da piccoli risparmiatori, la maggior parte dei quali ha investito cifre inferiori a 20 mila euro[21].

Si può così compiere una comparazione tra un indebitamento col MES ed un indebitamento classico sui mercati, anche con un titolo redditizio come il BTP Italia.

Innanzitutto, il denaro raccolto col BTP Italia è immediatamente disponibile per il Governo, non contiene condizionalità né memorandum ed è utilizzabile in tutti i settori di spesa e non solo per la sanità.

Il differenziale in termini di rendimento del BTP Italia rispetto al prestito MES è pari allo 0,6%, che su 22 miliardi risulta di 132 milioni annui, mentre su 36 miliardi risulta di poco più 200 milioni[22].

Dunque, con un esborso aggiuntivo minimo in termini di servizio del debito, lo Stato si assicura liquidità senza sottostare nell’immediato a condizioni rigide né meno rigide.

Inoltre, quel rendimento dell’1,4%, andando prevalentemente nelle mani dei cittadini italiani, rappresenta per i piccoli risparmiatori e le famiglie una quota di reddito nazionale da capitale, anziché costituire un profitto per un organismo internazionale.

Per di più, i titoli di debito hanno modalità di restituzione più vantaggiose rispetto ai prestiti internazionali: il BTP Italia, ferma restando la negoziabilità sui mercati, nel quinquennio darà luogo solo all’esborso per gli interessi, mentre la sorte capitale dovrà essere rimborsata alla scadenza ed in quel momento il Governo potrà decidere eventualmente di ripagare i sottoscrittori con i proventi di una nuova emissione, mentre i prestiti MES vanno restituiti con rate composte annuali di capitale ed interesse come i mutui.

Dunque, gli Italiani con l’adesione al collocamento hanno espresso la propria volontà di contribuire al finanziamento della spesa pubblica acquistando quote di debito mediante il proprio risparmio privato ed hanno dato al decisore politico una forte e chiara indicazione non priva di effetti circa l’utilità e la necessarietà del prestito MES.

Ovviamente l’indebitamento in crescita di questa fase congiunturale possibile anche a causa dell’allentamento di fatto dei parametri del Fiscal Compact va inquadrato nell’eccezionalità del momento sicché tale incremento debitorio dovrà arrestarsi non appena vi sarà la ripresa dell’economia al termine dell’emergenza sanitaria[23].

Proprio l’elevata esposizione sui mercati dello Stato italiano sconsiglia un indebitamento con un organismo internazionale i cui crediti godono di diritti di prelazione rispetto ai mercati stessi.       

 Infine, il prestito MES da 37 miliardi avendo l’esclusiva destinazione alla sanità risulta effettivamente difficile da spendere in incremento rispetto agli oltre 120 miliardi della spesa sanitaria corrente annuale italiana: basti considerare che il supplemento di spesa per l’eccezionale pandemia in corso è stato sinora pari a 3 miliardi. Per spendere 37 miliardi aggiuntivi in sanità in conto capitale forse non basterebbe un decennio, mentre per coprire spese correnti si dilapiderebbe in un trimestre.

Ma proprio quel vincolo di destinazione è la più forte delle condizionalità in quanto la crisi economica benché sia nata da un’emergenza sanitaria, ha investito tutte le attività produttive, commerciali ed industriali sicché disporre di denaro preso in prestito e non poterlo spendere in sanità per oggettiva difficoltà nell’immediato né in altri settori per espresso divieto europeo crea enormi rischi sociali e politici, non ultima la tentazione di dirottare quelle somme ad altri fini violando le clausole del prestito.

In mancanza di finanziamenti a fondo perduto e di eurobond, appare preferibile sottrarsi le insidie dell’indebitamento internazionale con un soggetto dotato di poteri normativi e confidare nel risparmio privato investito secondo le regole del mercato.

La caduta del PIL annuale 2020[24] avendo natura endogena induce a previsioni di rimbalzo al termine crisi sanitaria: nel mare della finanza globalizzata è vano attendersi l’arrivo di salvatori quando la ripresa arriva sempre e soltanto attraverso una maggiore produttività dei fattori, dal lavoro al risparmio investito, dalle risorse del territorio alla creatività e genialità delle aziende.

Del resto, abbiamo visto che il nostro Paese ha oltre 400 miliardi di potenzialità produttiva inespressa nel raffronto del PIL tra oggi ed il 2008: si può uscire contemporaneamente da due crisi in una sola volta.  


[1] Sulla procedura seguita in Italia per la ratifica del Trattato si v. la nota di lettura del Servizio del Bilancio del Senato della Repubblica pubblicata sul relativo sito internet, aprile 2012, n. 125.

[2] La versione in italiano dei testi dei due regolamenti unionali che compongono il Two Pack è consultabile sul sito del MEF.

Si veda, inoltre, la scheda informativa pubblicata sul sito della Commissione europea dal titolo: Entra in vigore il “two-pack”: completato il ciclo di sorveglianza di bilancio e migliorata ulteriormente la governance economica per la zona euro del 27 maggio 2013.

Sulle regole della governance economica europea si v. R. Dickmann, Governance economica europea e misure nazionale per l’equilibrio dei bilanci pubblici, Napoli, Jovene, 2013.

Si v. altresì E.C. Raffiotta, Il governo multilivello dell’economia. Studio sulle trasformazioni dello Stato costituzionale in Europa, Bologna, Bup, 2013. Recentemente l’Autore si è pronunciato in termini critici circa l’accensione di un prestito italiano presso il MES suggerendo, semmai, di attivare l’art. 122 del TFUE.  

[3] Fonte Il Sole 24 ore del 29 novembre 2019, MES, cos’è e come funziona il Fondo salva Stati, di M. Losi.

[4] Fonte Money.it, 11 luglio 2019, Quanto versa e quanto incassa l’Italia dall’Europa? Le cifre (vere) dei paesi dell’Unione, di A. Cipolla.

[5] Fonte Banca d’Italia, Il Meccanismo europeo di stabilità (MES – European Stability Mechanism, ESM) e la sua riforma.

[6] Il ruolo della Banca centrale europea è senz’altro cresciuto dal famoso “whatever it takes”di Mario Draghi del 2012 che aprì le porte al programma di Quantitative Easing, ma la sola politica monetaria non è certo sufficiente a reggere le sfide di un’economia complessa come quella dell’Unione europea, l’area più ricca del Mondo, con un alto reddito pro capite e con una distribuzione della ricchezza tra le più eque al Mondo.

Ciò rende evidente in molti campi l’incongruenza degli strumenti predisposti dall’architettura dell’Unione europea il cui bilancio dispone di 168 miliardi di euro annui (per il 2020, fonte Commissione europea, 5 giungo 2019, Bilancio UE 2020: la Commissione concentra la sua proposta su occupazione, crescita e sicurezza), un bilancio scarno a differenza di ciò che comunemente si crede. Il bilancio dello Stato italiano è di 662 miliardi di euro (per lo stesso anno, fonte MEF, Bilancio semplificato dello Stato – Anno 2020 – Quadro generale, consultabile on line nel sito istituzionale). Vi è una forte asimmetria tra il potere normativo e sanzionatorio dell’Unione europea divenuto sempre più cogente anche nelle scelte minute di politica economica degli Stati (basti considerare le tabelle trimestrali “quasi precompilate” derivanti dal regolamento delegato n. 877 del 2013) e la sua reale disponibilità di potere d’intervento economico. 

La costante “sorpresa” e la lenta risposta procedurale con cui le Istituzioni unionali si rapportano con le ricorrenti crisi era già osservata criticamente in G. Tremonti, Mundus furiosus, Il riscatto degli Stati e la fine della lunga incertezza, Milano, Mondadori, 2016, in cui tra l’altro viene preconizzata una desiderabile ipotesi di trasformazione dell’Unione europea in Confederazione di Stati.

[7]  Si v. Il sole 24 ore del 1° giugno 2017 “In attesa della prossima tranche di aiuti, la Germania si compra tutti gli aeroporti greci alla vigilia dell’estate” di Vittorio Da Rold e MilanoFinanza dell’8 aprile 2016 “Grecia sigla cessione porto Pireo a China Cosco”, il 51% per 280 milioni di euro.

[8] Si v. The Financial Times del 4 marzo 2019 “Greece poised to return to debt markets with 10-year bond sale” di Katie Martin e Michael Hunter. Oggi il costo del servizio del debito greco è molto basso: si v. ancora The Financial Times del 12 febbraio 2020 “Greek 10-year bond yield falls below 1% for first time” di Tommy Stubbington, a riprova della bontà dei fondamentali di quell’economia e della produttività dei suoi fattori, a partire dal lavoro.

[9] Il testo originale in lingua inglese della lettera è consultabile su www.eunews.it e su molti altri siti di notizie economiche ed internazionali.

[10] Quanto sia determinante l’elemento giuridico degli strumenti economici emerge in tutta la sua evidenza dalla recente sentenza della Corte costituzionale tedesca sul Quatitative Easing della BCE: si v. Repubblica del 5 maggio 2020 “La Corte tedesca conferma solo a metà la legalità del Quantitative Easing della Bce” di Tonia Mastrobuoni, e L’Economia del Corriere della Sera dell’11 maggio 2020 “La sentenza dell’Alta Corte tedesca sfida la Bce. Ue e Francoforte: avanti” di Giuliana Ferraino. Del resto la preponderanza del diritto sull’economia ed in una certa misura anche sulla politica è il risultato della disciplina degli strumenti economici mediante fonti del diritto come i Trattati ratificati e recepiti nel diritto degli Stati.  

[11] Il testo del regolamento è consultabile sia in italiano che in inglese è consultabile sul sito eur-lex.europa.eu.

[12] In termini critici circa l’ipotesi che l’Italia attinga le linee di credito MES si è espresso A. Mangia, Del MES, delle sue condizionalità e delle discipline in deroga. Cosa succede quando il diritto delle crisi d’impresa viene applicato ai rapporti intergovernativi in ww.dirittobancario.it editoriale del 20 aprile 2020 evidenziando rischi ed incognite.  

[13] Si v. l’articolo pubblicato sul Financial Times del 5 dicembre 2010 da Giulio Tremonti e Jean-Claude Juncker “E-bonds would end the crisis” pubblicato anche in Italia da Il Sole 24 ore del giorno successivo con l’esplicito titolo “Vi spieghiamo perché gli e-bond metterebbero fine alla crisi”.

[14] In ogni caso anche gli strumenti di debito unionale avrebbero un costo ed una responsabilità per gli Stati e le loro economie: in tal senso si v. recentemente del Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, Considerazioni finali del Governatore Relazione annuale Roma, 29 maggio 2020.

[15] Per adesso si v. L’Economia de Il Corriere della Sera del 27 maggio 2020, Recovery Fund: cosa sono e come funzionano i fondi della UE.

[16] Dopo le prime indiscrezioni che parlavano di un tasso d’interesse dello 0,8%, secondo altre notizie il costo del denaro preso in prestito sarebbe più basso articolato su una commissione inziale una tantum dello 0,25%, una commissione annua dello 0,005% ed un tasso d’interesse dello 0,1: si v. Il Sole 24 ore dell’8 maggio 2020 “Mes, accordo Eurogruppo: prestiti a tassi quasi zero per spese sanitarie fino al 2% del Pil. All’Italia 36 miliardi” e Messaggero Economia del 9 maggio 2020. In tal senso anche nel sito ufficiale del MES www.esm.europa.eu/content/europe-response-corona-crisis.

[17] Si pensi che il Governo italiano a fine marzo aveva avanzato la proposta di mille miliardi di coronabond: si v. L’Economia de Il Corriere della Sera del 30 marzo 2020 “All’Eurogruppo scontro su un trilione di euro. Coronabond? Le soluzioni possibili e il ruolo della Bei” di I. Caizzi

[18] Fonte Wall Street Italia del 9 Aprile 2020 “Stati per PIL nominale: la classifica”, di Mariangela Tessa.  

[19] Fonte Il Sole 24 ore del 21 ottobre 2018, “Rischio Paese e ricchezza privata, se fossero i cittadini a salvare lo Stato?” di A. Franceschi. Su Il Sole 24 ore del 29 maggio 2020 “Savona: «servono regole nuove. Il risparmio italiano è solido e regge alla crisi»” di L. Serafini, da dove emerge che oggi il risparmio è cresciuto a 4 mila e 400 miliardi e che il risparmio gestito è pari ad oltre 2 mila e 300 miliardi.  

[20] Fonte Credit Suisse, Global Wealth Databook, 2017

[21] Fonte Il Sole 24 ore del 22 maggio 2020, Btp Italia: ecco chi l’ha comprato, tra piccoli risparmiatori, banche e investitori esteri.

[22] Ove il tasso d’interesse del prestito MES fosse effettivamente dello 0,1%, tale risultato differenziale sale a 400 milioni. Ovviamente il differenziale scende per le emissioni BTP classiche, non dedicate ai piccoli risparmiatori e alle famiglie, che a settembre 2019 rendevano ad esempio lo 0,9% e tra novembre 2019 e gennaio 2020 rendevano l’1,2%.

[23] L’eccezionalità del momento e delle conseguenti ricette economiche emerge con chiarezza nel pensiero di Mario Draghi in The Financial Times del 25 marzo 2020  “Draghi: we face a war against coronavirus and must mobilise accordingly”.

[24] Fonte Corriere della Sera del 29 maggio 2020: “Bankitalia, Visco: «Il Pil può crollare del 13%. Ora serve un nuovo contratto sociale»” di Fabrizio Massaro.

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